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Ă veramente il tuo cervello a pensare?
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Sei libero di rimanere sofferente, sei libero di essere malato, sei libero di farti curare come preferisci, sei libero di rovinarti con i farmaci, sei libero di credere a chi vuoi, sei anche libero di farti infinocchiare, sei libero di collezionare tutte le malattie che vuoi, sei libero di rovinarti come preferisci, sei anche libero di rimanere ignorante sul come funzionano le cose. Ma per favore...
...dopo esserti preso tutte le libertĂ che volevi, non venire in questo forum a scrivere le solite sciocchezze, basate su preconcetti e pregiudizi, solo per il fatto che non seguiamo la corrente e la pensiamo in modo differente.
Sei un essere libero⌠sei libero di scegliere se far spiccare il volo
ai tuoi ragionamenti o tenere le tue idee intrappolate in una scatola.
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Ă veramente il tuo cervello a pensare?
Sam Parnia: il medico che fa rivivere i morti
âLa morte non è un momento, è un processo. E può essere reversibileâ. Unâaffermazione sorprendente, soprattutto se a farla è un medico. A parlare cosĂŹ è Sam Parnia, primario del reparto rianimazione allâospedale universitario Stony Brook di New York e a capo di un progetto che studia la coscienza umana, attraverso i racconti delle esperienze pre e post-mortem raccolti in 25 cliniche sparse tra nord America ed Europa.
âFinora, abbiamo la prova che la coscienza umana non viene annullata con la morte. Essa continua per alcune ore dopo il decesso, nonostante sia in uno stato ibernato che noi non riusciamo a distinguere dallâesternoâ, ha detto in una recente intervista concessa al sito online Wired. Dichiarazioni importanti, che stridono con quello che la scienza finora ha sempre sostenuto. Ma il dottor Parnia non sembra preoccuparsene.
Dâaltra parte, il suo lavoro consiste proprio nel riportare indietro chi ha oltrepassato la soglia del ânon ritornoâ. Una specie di resurrezione. Ormai ci si riesce sempre piĂš spesso, grazie al perfezionamento di tecniche come la rianimazione cardiopolmonare (la CPR), la procedura di emergenza che permette di salvaguardare le funzioni cerebrali in attesa di ripristinare la circolazione sanguigna e la respirazione spontanea in un paziente con il cuore fermo. Allâinizio, sembrava efficace solo per pochi minuti dopo lâarresto cardiaco, ma ora i progressi della CPR ( con lâutilizzo di macchine per la circolazione sanguigna extracorporea) hanno esteso i tempi ad oltre mezzâora.
Si è cosĂŹ allungato quel confine misterioso tra vita e morte. E in contemporanea, è aumentato il numero di coloro che, una volta rianimati in queste condizioni estreme, ricordano esperienze che sfidano la razionalitĂ . Ma Sam Parnia, anzichĂŠ archiviarle come semplici fantasie o come mere allucinazioni, ha deciso di studiarle in chiave scientifica. E le sorprese non sono mancate, come egli stesso ammette nel suo libro âCancellare la morteâ la scienza che riscrive i confini della vitaâ, che ha avuto decine di recensioni nei paesi di lingua anglosassone.
âDi solito, si usa definire morte il momento in cui il cuore smette di battere ed il cervello si spegne: è il momento dellâarresto cardiacoâ spiega il luminare americano. âFino a 50 anni fa, quando si arrivava a questo punto, non si poteva piĂš tornare indietro. Ciò ha indotto a pensare che la morte fosse completamente irreversibile. Ma se io morissi in questo istante, le cellule del mio corpo non sarebbero ancora morte. Ci vuole tempo perchĂŠ, private dellâossigeno, muoiano. PiĂš tempo di quello che la gente non immagini.
Ora sappiamo che di fronte ad un corpo inanimato, prima che un dottore dichiari la morte, câè ancora la possibilitĂ medica e biologica di invertire il decesso. Ovviamente, se passa troppo tempo, le cellule si danneggiano. Bisogna intervenire nei tempi giusti e ad oggi nessuno sa quale sia il momento dopo il quale non si può piĂš tornare indietro. Ma potrebbe essere questione non di decine di minuti, ma di unâora. Conoscono il caso di una ragazza giapponese tornata in vita dopo 6 ore di CPR, senza alcun danno permanente. Ora sta bene, ha persino avuto un figlio .
La morte, in un certo modo, è come un ictus. Anche lâictus blocca il flusso sanguigno al cervello. Sappiamo che le cellule cerebrali restano vitali al massimo 8 ore senza ossigenazione. Se i medici imparano a manipolare il processo cellulare e a rallentare la velocitĂ con la quale le cellule muoiono, noi possiamo tenerle in sospeso, risolvere il problema che ha provocato la morte della persona, far ripartire il cuore e quindi riportare in vita il paziente. Ecco in che modo la morte è un processo reversibile. Ma nel caso di un decesso per un cancro incurabile, il discorso ovviamente non vale.â
Dunque, non sempre e non per tutti. Ma quando le pratiche di rianimazione riescono a âfare il miracoloâ, accade anche qualcosâaltro: chi si è trovato, per interminabili minuti, senza parametri vitali, a volte racconta di aver visto o sentito quello che il cervello, senza attivitĂ elettrica, non avrebbe potuto registrare. Sono i casi di pre e post mortem, chiamati in inglese âNDEâ (Near Death Experience), di cui tutti noi, almeno una volta, abbiamo sentito parlare. Nella sua attivitĂ , è successo molto spesso anche al dottor Parnia.
âHo deciso di studiare quei pazienti che dicono di aver vissuto strane esperienze mentre si trovavano in arresto cardiaco. Ho scoperto che capita ad uno su 10. Se guardiamo alla letteratura medica, è evidente che pochi secondi dopo lâarresto cardiaco, si ferma il flusso sanguigno. E senza sangue, non câè attivitĂ cerebrale. Lâencefalogramma è piatto. Eppure non solo il mio studio, ma anche altri quattro, dimostrano che i pazienti hanno comunque ricordi e memorie.â
Nel libro, Sam Parnia racconta la storia di Joe Tiralosi. Quando arrivò al pronto soccorso, il suo cuore non batteva giĂ piĂš. Lâequipe medica iniziò le procedure della CPR, raffreddando il corpo per ridurre i danni alle cellule. Aveva unâarteria ostruita, si poteva intervenire per risolvere il problema. Dopo 40 minuti di arresto cardiaco, il paziente venne rianimato. Un poâ per volta, il signor Tiralosi si riprese e riferĂŹ alle infermiere di aver vissuto, mentre il suo cuore era fermo, unâesperienza che lo aveva profondamente toccato.
La classica esperienza premorte: un tunnel di luce
La raccontò anche al primario. Gli disse di aver visto unâentitĂ perfetta, piena di amore e di compassione, e di aver provato una sensazione di incredibile serenitĂ . âLa gente tende ad interpretare quello che vede in base alla propria cultura. Un hindu descrive una divinitĂ , un cristiano parla di Cristo, un ateo lo chiama semplicemente entitĂ . Ma vedono la stessa cosa, anche se la spiegano in modo diverso. E ciò ci dice che esiste unâ unica esperienza che tutti gli esseri umani provano durante la morte. Ă universale, la descrivono anche i bimbi di 3 anni. E ci dice che non dobbiamo avere paura della morte.â
Parole che sembrerebbero piĂš adatte ad un sacerdote che non a uno scienziato. Ma gli studi sulle NDE hanno portato Sam Parnia su posizioni davvero impreviste. âLa questione è importante. Queste memorie si formano davvero mentre queste persone sono prive di attivitĂ cerebrale? Oppure si formano appena dopo il risveglio, quando sono ancora incoscienti? Il punto è che molti di loro descrivono con dettagli assai precisi quello che è accaduto durante la loro rianimazione. Ricordano le conversazioni tra i presenti, gli abiti che indossavano. Potrebbe significare che alcuni di loro mantengono una qualche attivitĂ cerebrale. Oppure, potrebbe indicare che la coscienza umanaâ ovvero la psiche, lâIoâ continua comunque ad esistere.â
Il medico rianimatore è cosĂŹ giunto ad una teoria che va in netto contrasto con quelle sostenute dalla maggior parte dei suoi colleghi. âCi vuole davvero molta fantasia a credere che, in assenza di flusso sanguigno e di attivitĂ elettrica, comunque una qualche area nascosta del cervello entri in azione. In realtĂ , viene messo in discussione il modo corrente di intendere lâinterazione tra cervello e mente. Lâidea storica è che il processo elettrochimico produca la coscienza. Potrebbe non essere piĂš corretto, perchĂŠ possiamo dimostrare che quel processo non continua dopo la morte. Allora o câè qualcosa nel cervello che non abbiamo ancora scoperto e che ha a che fare con la coscienza, oppure è possibile che la coscienza sia unâentitĂ separata rispetto al cervello.â
Ecco il punto centrale della teoria di Sam Parnia che rivoluziona decenni di studi neurologici e che porta a considerare come realtĂ a se stante, autonoma, quella che il medico chiama coscienza e che noi potremmo anche chiamare anima. âGli scienziati sono giunti a credere che lâIo sia effetto dei processi cellulari, ma nessun esperimento ha mai mostrato come le cellule possano condurre al pensiero umano. Se guardi una cellula cerebrale al microscopio, ad esempio, non esprime il senso di fame- è impossibile. Certo, tutto prova la connessione tra certe aree del cervello e certi processi mentali. Ma è come la storia dellâuovo e della gallina: è lâattivitĂ cellulare a produrre la mente o è la mente a produrre lâattivitĂ cellulare?
Una cellula cerebrale
Qualcuno ha giĂ concluso che le cellule producono il pensiero, mostrando come prova le foto di un cervello depresso o di un cervello felice. Ma è semplicemente unâassociazione, non un rapporto di casualitĂ . Se accettiamo la loro teoria, allora non potrebbero esserci testimonianze di persone che hanno visto o sentito qualcosa dopo che il cervello si era fermato. Potrebbe essere che la psiche umana e la coscienza siano un tipo di forza molto sottile che interagisce col cervello, ma non ne è necessariamente prodotta. Ă tutto ancora da stabilire.
Ă un poâ come lâelettromagnetismo: quando vennero scoperte quelle forze che non era possibile nè vedere nè misurare, parecchi scienziati ne risero. Nel corso della storia, noi cerchiamo di spiegare quello che accade, nel modo migliore, con gli strumenti della scienza. Ma i ricercatori obiettivi, dalla mentalitĂ piĂš aperta, ammettono di avere dei limiti. E non significa che sia per forza sbagliato o superstizioso qualcosa che, con le nostre conoscenze attuali, risulta inesplicabile.â
Sabrina Pieragostini
Fonte: Extremamente
âLa morte non è un momento, è un processo. E può essere reversibileâ. Unâaffermazione sorprendente, soprattutto se a farla è un medico. A parlare cosĂŹ è Sam Parnia, primario del reparto rianimazione allâospedale universitario Stony Brook di New York e a capo di un progetto che studia la coscienza umana, attraverso i racconti delle esperienze pre e post-mortem raccolti in 25 cliniche sparse tra nord America ed Europa.
âFinora, abbiamo la prova che la coscienza umana non viene annullata con la morte. Essa continua per alcune ore dopo il decesso, nonostante sia in uno stato ibernato che noi non riusciamo a distinguere dallâesternoâ, ha detto in una recente intervista concessa al sito online Wired. Dichiarazioni importanti, che stridono con quello che la scienza finora ha sempre sostenuto. Ma il dottor Parnia non sembra preoccuparsene.
Dâaltra parte, il suo lavoro consiste proprio nel riportare indietro chi ha oltrepassato la soglia del ânon ritornoâ. Una specie di resurrezione. Ormai ci si riesce sempre piĂš spesso, grazie al perfezionamento di tecniche come la rianimazione cardiopolmonare (la CPR), la procedura di emergenza che permette di salvaguardare le funzioni cerebrali in attesa di ripristinare la circolazione sanguigna e la respirazione spontanea in un paziente con il cuore fermo. Allâinizio, sembrava efficace solo per pochi minuti dopo lâarresto cardiaco, ma ora i progressi della CPR ( con lâutilizzo di macchine per la circolazione sanguigna extracorporea) hanno esteso i tempi ad oltre mezzâora.
Si è cosĂŹ allungato quel confine misterioso tra vita e morte. E in contemporanea, è aumentato il numero di coloro che, una volta rianimati in queste condizioni estreme, ricordano esperienze che sfidano la razionalitĂ . Ma Sam Parnia, anzichĂŠ archiviarle come semplici fantasie o come mere allucinazioni, ha deciso di studiarle in chiave scientifica. E le sorprese non sono mancate, come egli stesso ammette nel suo libro âCancellare la morteâ la scienza che riscrive i confini della vitaâ, che ha avuto decine di recensioni nei paesi di lingua anglosassone.
âDi solito, si usa definire morte il momento in cui il cuore smette di battere ed il cervello si spegne: è il momento dellâarresto cardiacoâ spiega il luminare americano. âFino a 50 anni fa, quando si arrivava a questo punto, non si poteva piĂš tornare indietro. Ciò ha indotto a pensare che la morte fosse completamente irreversibile. Ma se io morissi in questo istante, le cellule del mio corpo non sarebbero ancora morte. Ci vuole tempo perchĂŠ, private dellâossigeno, muoiano. PiĂš tempo di quello che la gente non immagini.
Ora sappiamo che di fronte ad un corpo inanimato, prima che un dottore dichiari la morte, câè ancora la possibilitĂ medica e biologica di invertire il decesso. Ovviamente, se passa troppo tempo, le cellule si danneggiano. Bisogna intervenire nei tempi giusti e ad oggi nessuno sa quale sia il momento dopo il quale non si può piĂš tornare indietro. Ma potrebbe essere questione non di decine di minuti, ma di unâora. Conoscono il caso di una ragazza giapponese tornata in vita dopo 6 ore di CPR, senza alcun danno permanente. Ora sta bene, ha persino avuto un figlio .
La morte, in un certo modo, è come un ictus. Anche lâictus blocca il flusso sanguigno al cervello. Sappiamo che le cellule cerebrali restano vitali al massimo 8 ore senza ossigenazione. Se i medici imparano a manipolare il processo cellulare e a rallentare la velocitĂ con la quale le cellule muoiono, noi possiamo tenerle in sospeso, risolvere il problema che ha provocato la morte della persona, far ripartire il cuore e quindi riportare in vita il paziente. Ecco in che modo la morte è un processo reversibile. Ma nel caso di un decesso per un cancro incurabile, il discorso ovviamente non vale.â
Dunque, non sempre e non per tutti. Ma quando le pratiche di rianimazione riescono a âfare il miracoloâ, accade anche qualcosâaltro: chi si è trovato, per interminabili minuti, senza parametri vitali, a volte racconta di aver visto o sentito quello che il cervello, senza attivitĂ elettrica, non avrebbe potuto registrare. Sono i casi di pre e post mortem, chiamati in inglese âNDEâ (Near Death Experience), di cui tutti noi, almeno una volta, abbiamo sentito parlare. Nella sua attivitĂ , è successo molto spesso anche al dottor Parnia.
âHo deciso di studiare quei pazienti che dicono di aver vissuto strane esperienze mentre si trovavano in arresto cardiaco. Ho scoperto che capita ad uno su 10. Se guardiamo alla letteratura medica, è evidente che pochi secondi dopo lâarresto cardiaco, si ferma il flusso sanguigno. E senza sangue, non câè attivitĂ cerebrale. Lâencefalogramma è piatto. Eppure non solo il mio studio, ma anche altri quattro, dimostrano che i pazienti hanno comunque ricordi e memorie.â
Nel libro, Sam Parnia racconta la storia di Joe Tiralosi. Quando arrivò al pronto soccorso, il suo cuore non batteva giĂ piĂš. Lâequipe medica iniziò le procedure della CPR, raffreddando il corpo per ridurre i danni alle cellule. Aveva unâarteria ostruita, si poteva intervenire per risolvere il problema. Dopo 40 minuti di arresto cardiaco, il paziente venne rianimato. Un poâ per volta, il signor Tiralosi si riprese e riferĂŹ alle infermiere di aver vissuto, mentre il suo cuore era fermo, unâesperienza che lo aveva profondamente toccato.
La classica esperienza premorte: un tunnel di luce
La raccontò anche al primario. Gli disse di aver visto unâentitĂ perfetta, piena di amore e di compassione, e di aver provato una sensazione di incredibile serenitĂ . âLa gente tende ad interpretare quello che vede in base alla propria cultura. Un hindu descrive una divinitĂ , un cristiano parla di Cristo, un ateo lo chiama semplicemente entitĂ . Ma vedono la stessa cosa, anche se la spiegano in modo diverso. E ciò ci dice che esiste unâ unica esperienza che tutti gli esseri umani provano durante la morte. Ă universale, la descrivono anche i bimbi di 3 anni. E ci dice che non dobbiamo avere paura della morte.â
Parole che sembrerebbero piĂš adatte ad un sacerdote che non a uno scienziato. Ma gli studi sulle NDE hanno portato Sam Parnia su posizioni davvero impreviste. âLa questione è importante. Queste memorie si formano davvero mentre queste persone sono prive di attivitĂ cerebrale? Oppure si formano appena dopo il risveglio, quando sono ancora incoscienti? Il punto è che molti di loro descrivono con dettagli assai precisi quello che è accaduto durante la loro rianimazione. Ricordano le conversazioni tra i presenti, gli abiti che indossavano. Potrebbe significare che alcuni di loro mantengono una qualche attivitĂ cerebrale. Oppure, potrebbe indicare che la coscienza umanaâ ovvero la psiche, lâIoâ continua comunque ad esistere.â
Il medico rianimatore è cosĂŹ giunto ad una teoria che va in netto contrasto con quelle sostenute dalla maggior parte dei suoi colleghi. âCi vuole davvero molta fantasia a credere che, in assenza di flusso sanguigno e di attivitĂ elettrica, comunque una qualche area nascosta del cervello entri in azione. In realtĂ , viene messo in discussione il modo corrente di intendere lâinterazione tra cervello e mente. Lâidea storica è che il processo elettrochimico produca la coscienza. Potrebbe non essere piĂš corretto, perchĂŠ possiamo dimostrare che quel processo non continua dopo la morte. Allora o câè qualcosa nel cervello che non abbiamo ancora scoperto e che ha a che fare con la coscienza, oppure è possibile che la coscienza sia unâentitĂ separata rispetto al cervello.â
Ecco il punto centrale della teoria di Sam Parnia che rivoluziona decenni di studi neurologici e che porta a considerare come realtĂ a se stante, autonoma, quella che il medico chiama coscienza e che noi potremmo anche chiamare anima. âGli scienziati sono giunti a credere che lâIo sia effetto dei processi cellulari, ma nessun esperimento ha mai mostrato come le cellule possano condurre al pensiero umano. Se guardi una cellula cerebrale al microscopio, ad esempio, non esprime il senso di fame- è impossibile. Certo, tutto prova la connessione tra certe aree del cervello e certi processi mentali. Ma è come la storia dellâuovo e della gallina: è lâattivitĂ cellulare a produrre la mente o è la mente a produrre lâattivitĂ cellulare?
Una cellula cerebrale
Qualcuno ha giĂ concluso che le cellule producono il pensiero, mostrando come prova le foto di un cervello depresso o di un cervello felice. Ma è semplicemente unâassociazione, non un rapporto di casualitĂ . Se accettiamo la loro teoria, allora non potrebbero esserci testimonianze di persone che hanno visto o sentito qualcosa dopo che il cervello si era fermato. Potrebbe essere che la psiche umana e la coscienza siano un tipo di forza molto sottile che interagisce col cervello, ma non ne è necessariamente prodotta. Ă tutto ancora da stabilire.
Ă un poâ come lâelettromagnetismo: quando vennero scoperte quelle forze che non era possibile nè vedere nè misurare, parecchi scienziati ne risero. Nel corso della storia, noi cerchiamo di spiegare quello che accade, nel modo migliore, con gli strumenti della scienza. Ma i ricercatori obiettivi, dalla mentalitĂ piĂš aperta, ammettono di avere dei limiti. E non significa che sia per forza sbagliato o superstizioso qualcosa che, con le nostre conoscenze attuali, risulta inesplicabile.â
Sabrina Pieragostini
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